Romanzo potentissimo. Anche imperfetto e fragile, a voler
essere severi: qualche sbavatura di trama, qualche approssimazione nella
struttura, qualche pagina in cui si appesantisce o si esagera un po’ (in particolare quelle che raccontano della parte indiana della vicenda di Nero
Golden o di alcuni personaggi, troppi caricati di effetti speciali ). Il tono no
e lo stile neppure: quelli sono di gran pregio e il piacere della lettura è
fuori discussione. La voce narrante che Rushdie scova in questo romanzo e
armonica, accattivante e anche con echi nobili. Scott Fitzgerand per
esempio (quello di Gatsby soprattutto), non a caso più volte citato. In
generale sorprende la capacità con cui questo scrittore indiano si è imbevuto
non solo di temi e stilemi americani, ma anche delle sue suggestioni letterarie
e soprattutto cinematografiche (è anche un grande libro sul cinema migliore;
sembra un’ossessione per Rushdie, il cinema). L’attacco poi è veramente
magnifico.
Quel che allo scarabookkiante pare importante è che il libro finisce col
trarre beneficio persino dai suoi difetti. Perché la causa della sua fragilità
e delle sue imperfezioni è anche un pregio e cioè la sua immediatezza, la sua
freschezza. La cosa veramente notevole sta nel fatto che riesce stare sul
presente riuscendo ad andare nella profondità. Spessissimo i libri che parlano
del momento in cui viviamo, quello storico intendo, tendono ad essere
schiacciati, a non avere prospettiva, a fotografare un pezzo della superficie
della realtà. La partecipazione fa mancare la visione storica, lo sguardo
lungo, l’analisi. Rushdie invece ha la capacità di andare a scovare o di
intuire le radici della rabbia, della decadenza e della follia dell’occidente
del benessere diffuso, della classe media, della democrazia.
Tra la fine del mandato di Obama e l’elezione del nuovo
presidente, Rushdie racconta due tragedie frutto tutte e due della congiura di
una serie di casualità oppure, se si preferisce, di due drammatici destini.
Quello della famiglia Golden e quello degli Stati Uniti che forse,
incredibilmente sta per scegliere di mettersi nelle mani di un uomo
“completamente pazzo, in maniera certificabile”, un criminale da fumetto, un
Joker (su YouTube esiste un canale sul Trump-Joker).
“A volte i cattivi prevalgono, e che cosa fa uno quando il
mondo in cui credeva si trasforma in una luna di cartone, mentre un pianeta
oscuro sorge e proclama “No, il mondo sono io”? Come si fa a vivere tra i
connazionali senza sapere chi di loro rientra fra gli oltre sessanta milioni di
elettori che hanno portato l’orrore al potere, o tra i novanta milioni che se
ne sono lavati le mani, rimanendo a casa; come si fa, quando altri americani
dicono che sapere le cose è da elitisti, e che loro odiano le élite, mentre tu
non hai mai avuto altro che la tua mente e sei stato educato ad aver fede nella
bellezza della conoscenza, non in quel senso assurdo secondo cui sapere è
potere, bensì nel senso per cui sapere è bello, e a un certo punto tutto questo
– l’istruzione, l’arte, la musica, il cinema – diventa motivo di disprezzo, e
la creatura partorita dallo Spiritus Mundi si leva e avanza scompostamente
verso Washington, DC, per venire alla luce.”
Sotto questa luna di cartone, col pianeta oscuro che sullo
sfondo avanza nell’incredulità, si svolge la storia del crollo della famiglia
di Nero Golden. Una storia coloratissima, movimentata, persino divertente nella
sua tragicità, con personaggi scolpiti (anche troppo, appunto). La si può
leggere come una avventurosa saga famigliare. Ma è un romanzo che ha in realtà
molti piani di lettura sovrapposti, una gamma di temi selezionata con
grandissima lucidità, perché sono quelli che stanno esattamente al centro e
alla radice del momento che stiamo vivendo nel pezzo di mondo in cui anche noi
siamo.
Forse il minimo comun denominatore sta nel concetto di
confine, nella progressiva sparizione dei confini: tra il reale e il virtuale,
tra il concreto e l’immaginario, tra il vero e il falso, tra il possibile e
l’impossibile, tra la vita e la morte, tra il femminile il maschile. Lo
sviluppo del tema dell’identità di genere e non solo è uno dei cardini del
romanzo (“Identità era una parola d’ordine neofascista, ormai”).
In particolare, per quanto ci riguarda, aver descritto
benissimo lo sganciamento culturale, psicologico e sociale dell’uomo del nuovo
millennio dalla sua stessa identità e dal supporto della materia, dei corpi in
carne e ossa, delle cose che si toccano come il tema chiave del nostro tempo e
la spiegazione delle cose apparentemente folli che stanno accadendo è il merito
principale di questo romanzo.
Poi, bisognerebbe aggiungere, molto marxianamente, che
questa non è che la sovrastruttura del distacco progressivo del capitalismo dai
suoi supporti fisici, cominciata con la rottura della parità aurea, passata attraverso
la marginalizzazione della fabbrica e in pieno sviluppo con la
finanziarizzazione e la informatizzazione nel processo economico di produzione
del valore. Ma chiedere questo ad un romanzo americano, per quanto buono,
sarebbe chiedere troppo.