martedì 3 ottobre 2017

Patria di Fernando Aramburu



Affronta un tema storico, quello del terrorismo  basco e  capire cos'è stato è utile; soprattutto in questo momento.

E' un romanzo la cui qualità migliore è l'onestà. Dunque essendo onesto si schiera. Lo  fa però senza cadere nell'errore dei manicheismo  in cui è molto facile cadere  quando i cattivi sono stati già sconfitti dalla storia. Non cade nemmeno nell'errore opposto, del sentimentalismo piagnone che trasforma tutti in vittime. Mantiene invece fino in fondo la sua logica tutta letteraria che è quella di voler raccontare dal buco della serratura di due famiglie un dramma privato dentro una tragedia storica collettiva. E da quella logica, da quel buco della serratura, nel privato e nella dinamica delle coscienze, riesce a tracciare una possibile via per uscirne, per ricomporre il ricomponibile. tutta privata, appunto.
Ed è onesto anche dal tenersi lontano dai colpi ad effetto o peggio  da un finale ad effetto. 

Sul piano letterario il pregio maggiore è l’agilità. 
Quella stilistica, con innesti rapidi e frequenti della prima persona e del flusso di coscienza in una narrazione classica in terza. Lo fa con molta disinvoltura e bene.
Quella della lingua, con una immediatezza espressiva che dà al lettore immediatezza di percezione, come di partecipazione diretta alla vicenda.
E quella di struttura, con capitoli brevi in cui spesso  si alternano scenari narrativi diversi in cui ciascuno dei personaggi delle due famiglie racconta la storia così come l’ha vista dal proprio angolo di vita e di visuale. La trama viene costruita con l'incastro delle voci e degli scenari, con salti cronologici e sovrapposizione dei punti di vista. Il meccanismo funziona, soprattutto perché dà al lettore la sensazione di essere chiamato a partecipare alla ricostruzione  dei fatti.

Il difetto più grosso: la lunghezza. Poteva forse contenersi col numero delle pagine senza che il racconto perdesse completezza.