mercoledì 23 agosto 2017

Compulsion di Meyer Levin



Gran bella  ricostruzione, rigorosa e  romanzesca insieme, di un clamoroso fatto di cronaca, nella Chicago degli anni ’20. Prototipo del romanzo-verità e del realismo americano. Racconto di impostazione giornalistica, ma solo nella confezione, nella veste stilistica. Per il resto lo scavo dei fatti e dei tipi umani è da letteratura vera e di quella buona.

Per collocare contesto e sostanza qui basti qualche coordinata temporale: siamo a pochi decenni dopo Nietzsche, negli anni della nascita della psicanalisi e della prima irruzione dei periti psichiatrici sulle scene processuali, qualche decennio prima di  "A sangue freddo" di Capote, parecchi decenni prima dell'assassinio di Marta Russo, tanto per richiamare anche un fatto dei nostri anni a cui viene da pensare.

La piacevolezza della lettura è garantita da una bella tensione narrativa e da una gran ricchezza di spunti di riflessione.  Forse le pagine processuali dominate da quelli che allora chiamavano “alienisti” danno qualche pesantezza se non si è interessati al linguaggio e ai temi  della psicanalisi, ma interessanti lo sono di sicuro. E l’arringa dell’avvocato difensore, rimasta celebre e incentrata sul tema della pena di morte, della colpa e dell’espiazione, da sola vale  il prezzo del libro.